“Celebriamo il VI Congresso della Cisl di Bari, – ha detto Boccuzzi – guardando in profondità i contesti delle due province dove operiamo, quella di Bari e nei 7 comuni della Bat, un tempo ex provincia di Bari. La lettura del territorio ci porta a dire che il locale mercato del lavoro presenta profonde ferite su cui il periodo Covid ha agito da sale. 50.000 disoccupati nella Città metropolitana di Bari, 20.000 nella Bat; tassi di occupazione molto bassi, 52% Bari, 42% Bat, che ci tengono anni luce indietro, anche di 20, 30 punti percentuali rispetto alle aree ricche del Paese, Bologna per esempio al 72%, territori dove poi questa terra esporta i propri figli, il migliore capitale umano.
Giovani e donne, veri e propri martiri del mercato del lavoro, con tassi di occupazione anche di 10 punti inferiori rispetto alle medie provinciali, con uniche chanche di occupazione, siamo quasi al 70% nel terziario, nei servizi e nel commercio, di lavori a tempo determinato di brevissima durata e mini part time involontari. Le donne di queste due province scontano non solo una bassa occupazione ma anche un mercato del lavoro che mal si concilia con il territorio per cui una donna su 4 a due anni dalla nascita del primo figlio lascia il proprio posto di lavoro. La crescita del Pil o se vogliamo un rimbalzo rispetto al dato negativo del 2020 non ha portato benefici ma anzi sta facendo crescere a dismisura il fenomeno del lavoro povero che oggi riguarda un lavoratore su quattro ed uno su due se part time. E se non basta, la piaga della inattività, cioè persone che pur in età da lavoro non producono reddito da lavoro, sono il 30% del totale della popolazione nelle due aree, 335.000 nella provincia di Bari, 131.000 nella Bat. Tra questi inattivi la zona grigia e i giovani NEET, uno su 4, sono elementi sociali preoccupanti che non possono che rallegrare le mafie del territorio che stanno imperversando nell’economia e ancor peggio nel reclutamento di giovani senza prospettive di futuro. E paradossalmente con tanti disoccupati, un lavoro su tre offerto dalle imprese locali non trova candidati idonei in questo oceano di disoccupati e inattivi.”
Le ricette della Cisl – spiega Boccuzzi – sono chiare: “per non rimanere ostaggi del lavoro povero, evitare la trappola del salario minimo ma sforzarsi con le imprese locali ad attivare una grande stagione territoriale di contrattazione decentrata, aziendale ma soprattutto territoriale, che possa includere non solo le aziende grandi ma soprattutto l’universo delle piccole imprese che sono il 90% del nostro territorio. Oggi solo il 10% dei lavoratori dei nostri territori è interessato da migliori condizioni economiche derivanti da contrattazioni integrative.
Creare con le imprese e le agenzie educative del territorio, un grande piano per accrescere le competenze e le conoscenze di chi cerca lavoro e di chi è già occupato, ma oggi a rischi occupazione per gli ponenti processi di transizione di sistema che stanno trasformando il mercato del lavoro e delle competenze necessarie.
Dare impulso alla crescita del territorio, attraverso un’azione di sistema che tenga insieme tutti gli stakeholder del territorio, per accelerare gli investimenti del PNRR, per far decollare una volta per tutte la Zez e di far partire il Contratto istituzionale di sviluppo sulla Bat, in un’ottica di legalità e di promozione di lavoro sicuro e dignitoso.
Investimenti pubblici e investimenti privati, nuove imprese e nuovo lavoro, devono realizzarsi in breve tempo se non vogliamo correre il rischio di uno spopolamento ancora più grave di quello che stiamo vivendo nei due territori. Se la Bat è la provincia dove si nasce di meno, in venti anni ha perso il 39,5% delle nascite, nondimeno lo spopolamento sta colpendo la città metropolitana di Bari, con il capoluogo che in 15 anni a partire dal 2017 rischia di perdere qualcosa come 30.000 residenti e presenta un indice di vecchiaia, rapporto tra over 65 e under 14, tra i più alti di Europa, siamo passati dal 121,5 del 2002 a 210,6 del 2021.
Le implicazioni di questo declino hanno portato ad una vera e propria chiusura sociale per l’esercizio dei diritti fondamentali di cittadinanza.
L’assenza di sanità territoriale, le liste di attesa ormai allo sbando e gli ospedali congestionati dai ricoveri Covid, hanno seriamente compromesso il diritto alla salute e alla cura che sta colpendo soprattutto la popolazione anziana, uno anziano su tre ha rinunciato a curarsi perché impossibilitato a ricorrere a visite a pagamento, come anche la metà della le famiglie a basso reddito dei nostri comuni. Nondimeno il disagio giovanile nella sua fase di apprendimento, fortemente compromessa da questi due anni di Covid e di scuola a singhiozzo che ha innescato una pericola spirale tra tassi di abbandono scolastico schizzati al 15%, nonostante gli obietti europei ci invitano ad un più gestibile 9%, e disagio psichico-relazionale degli adolescenti completante abbandonati a se stessi e vittime di un Paese che ha fatto di loro esecutori di circolari e di Dpcm ma privi di ogni attenzione di rigenerazione socio-educativa.”
La Cisl di Bari porta così in campo le istanze e la fiducia dei suoi 74.327 iscritti nei 48 comuni nelle due province di Bari e Bat.
“Grazie a Giuseppe Boccuzzi – ha detto Luigi Sbarra Segretario Generale della Cisl- e tutta la comunità della Cisl di Bari per il lavoro svolto in questi tempi di dura crisi. L’impegno con cui, insieme alla struttura regionale, alle Federazioni e al sistema-Servizi, avete sostenuto i bisogni di migliaia di persone fa onore a tutta l’Organizzazione. Oggi più che mai abbiamo l’opportunità e il dovere di investire sul protagonismo del Mezzogiorno, il cui riscatto industriale, infrastrutturale, economico e sociale è l’opportunità più grande di sviluppo di cui dispone il Paese e l’Europa.
Di fronte a noi abbiamo l’occasione irripetibile del Pnrr, 202 miliardi di cui il 36 per cento è affidato alle autorità locali, che però specialmente al Sud raramente possono contare sulle alte professionalità richieste per fare buona progettazione. Bisogna assicurare le dotazioni necessarie per assumere i tecnici che servono a trasformare le risorse in cantieri. Altrimenti le realtà deboli saranno proprio quelle che perderanno il treno del PNRR. Servono patti territoriali ben raccordati a una visione nazionale per promuovere legalità, rispetto dei tempi, buona qualità della spesa. Bari con le sue tante vocazioni sociali e produttive, con il suo importante tessuto industriale, agroalimentare, con le sue potenzialità turistiche, logistiche e commerciali, è un territorio emblematico della sfida a cui siamo tutti siamo chiamati. Una sfida nazionale ma anche comunitaria ed euromediterranea. Per coglierla ci sono passi imprescindibili da compiere. In primo luogo completare le tante infrastrutture strategiche a partire dall’alta capacità/alta velocità Napoli-Bari. E poi ci sono tante crisi aziendali da superare nella piena continuità produttiva e occupazionale. Dalla Bosh, alla Magneti Marelli, dalla Baritech alla Natuzzi, c’è in gioco il futuro di migliaia di famiglie e le prospettive di un sistema-Puglia che deve continuare ad essere un riferimento per il Sud e che ora richiede politiche industriali non solo difensive, ma capaci di assicurare ripartenza produttiva, reindustrializzazione, stabilita’ e sicurezza del lavoro. Un obiettivo che reclama reti ben collegate ad una portualità aperta agli interscambi mediterranei, mediorientali e internazionali. E poi serve un potente investimento sui temi della formazione , politiche attive , competenze per dare stabilità e qualità al lavoro, maggiore sicurezza negli ambienti lavorativi . Bari e la Puglia sono le finestre d’Italia e d’Europa verso queste realtà, specialmente dopo il raddoppio del canale di Suez. Sviluppare queste possibilità vuol dire dare un prospettiva di crescita al nostro Paese e all’intera comunità europea, specialmente in tempi così difficili come questi, minacciati da tensioni internazionali, strozzature nelle catene del valore e crisi energetica”.
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